Non c'è un altro paese
così!
Non sono mai stato
molto nazionalista. Ma come si fa, ad esserlo? Il concetto di
nazione è quanto di più vago si possa immaginare e, storicamente,
non ha molti fondamenti. Senza entrare tanto nel merito, si pensi
solo all’origine delle maggiori nazioni europee, tanto per fare
qualche esempio: la Francia si è formata da un’etnia di lingua e
origine tedesca, i Franchi, appunto, da cui proviene la dinastia, i
Capetingi, che la governarono dal 987 fino alla Rivoluzione
Francese. La Germania è stata unificata molto tardi, nel 1871
(curiosamente, l’Impero Tedesco venne proclamato
extraterritorialmente, a Versailles, all’indomani della guerra
franco-prussiana), per l’iniziativa di un antico ducato
polacco-lituano, la Prussia. L’Inghilterra proviene, come nazione,
dalla conquista normanna del 1066, da parte di un popolo di origine
vichinga (norvegese e danese) stanziato da oltre un secolo e mezzo
in Normandia, e quindi fortemente meticciato con la componente
francese e parlante questa lingua. Il nucleo fondante della grande
nazione russa è il Principato di Kiev, fondato dai Vareghi,
vichinghi svedesi, nell’882 (la stessa parola Russia deriva da
Rús, termine che deriva a sua volta dal nome Ruotsi, con
cui i finnici chiamavano gli svedesi). L’Italia è stata unificata da
un regno che era in origine un ducato (nato nel 1416) stanziato in
mezzo alle Alpi francesi e comprendente la Savoia, la Moriana, la
Valle D’Aosta, regioni dove la lingua ufficiale era il francese e il
popolo parlava il franco-provenzale (in Val D’Aosta il francese è
stato l’unica lingua ufficiale fino al 1861) e solo marginalmente il
Piemonte, con i territori di Torino (che aveva allora solo 5000-6000
abitanti), Pinerolo, Savigliano, Fossano, Cuneo. Svezia, Danimarca e
Norvegia costituiscono in realtà una supernazione, storicamente
quella vichinga. L’Austria, tecnicamente, non è mai stata una
nazione, ma è solo un brandello di un processo di divisione storica.
La Spagna non è ancor oggi, una nazione, ma almeno tre, ancora
fieramente separate, Paesi Baschi, Castiglia e Catalogna.
Si potrebbe continuare
con molti altri casi, riferiti sia all’area europea che mondiale, ma
penso che il concetto sia già abbastanza chiaro: quando esistono (ce
ne sono molte altre che sono solo fantasiose, arbitrarie o
immaginarie, si pensi solo alla Slovenia, alla Giordania, al Canton
Ticino, per certi versi al Galles), le entità nazionali moderne non
hanno origini che superano di norma il millennio che, paragonate
alla storia della nostra specie, 200 000 anni, non sono che un
battito di ciglia e, in molti casi, non sono più vecchie di qualche
generazione.
Non sono mai stato
nemmeno molto patriottico, per la verità. Sicuramente lo ero da
piccolo, alle elementari, quando un maestro, che si diceva
fosse simpatizzante per il Movimento Sociale, ci parlò in termini
entusiasmanti del nostro Risorgimento. Alle medie non ho mai saputo
di che tendenze fosse il mio insegnante di storia, ma non ricordo da
parte sua molti entusiasmi. Al Liceo, poi, di Risorgimento si è solo
iniziato a parlare: terribilmente in ritardo sul programma
ministeriale, in quinta si è tralasciato il programma di storia dopo
la Prima Guerra di Indipendenza, perché urgeva preparare l’esame di
filosofia alla maturità. Ma già dalle prime avvisaglie si capiva che
il professore, iscritto al PCI, non aveva una grande opinione del
Risorgimento, almeno della sua prima parte, infarcita di imprese
spesso tacciate di avventurismo e scarsa consapevolezza dei fenomeni
sociali.
Si può capire perché
la sinistra abbia avuto un giudizio storico severo sul nostro
Risorgimento, in rapporto alla Resistenza, molto più di popolo e
dagli esiti anche politicamente più vicini ai propri desideri. Ma
non si può certo giustificare la perseveranza di questo giudizio,
soprattutto alla luce della storia dal dopoguerra ad oggi,
soprattutto dagli anni Settanta in poi, dove difficilmente si può
trovare un’eco del barlume della grandezza che ha caratterizzato,
indiscutibilmente, molti momenti del Risorgimento. E questa
mediocrità, questa pochezza, ha avuto luogo anche con la complicità
determinante della sinistra.
Certo, come ha detto
qualcuno, non ti viene mai il desiderio di qualcosa come quando te
la portano via. E siccome la Lega ha fatto del suo peggio per
criticare la ricorrenza del 150° dell’Unità, a molti, anche a me, è
venuta la voglia perlomeno di riflettere adeguatamente su questo
anniversario, e addirittura la voglia di celebrarlo.
È stato detto che il
Risorgimento ha avuto varie mancanze e difetti. Ci mancherebbe.
Quale processo storico ne è privo? Soprattutto che non è stato una
lotta di popolo, ma una unità calata dall’alto, addirittura un
processo di invasione, di annessione di uno stato nei confronti di
altri. Mi sembra un giudizio ingeneroso e antistorico, soprattutto
in relazione a ciò che è avvenuto altrove. |
Abbiamo già visto come alcuni grandi paesi europei abbiano
conosciuto la loro unificazione in base a pure tradizioni
monarchiche, o imperiali, o addirittura imperialistiche e non fanno
certo eccezione, anzi, casi più recenti dell’Italia, come la
Germania. La Rivoluzione Francese e quella Bolscevica, per quanto
popolari, non furono certo battaglie per l’unificazione nazionale,
ma lotte di classe. Finite poi, fra l’altro, come sappiamo, in esiti
imperiali e imperialistici.
Per
quanto riguarda l’Italia, è vero, il processo fu pilotato da una
casa regnante, ma i contributi di popolo ci furono, con tutta
evidenza. Anzi, mi pare proprio di poter dire che l’unità d’Italia è
stato l’unico processo politico permanente figlio, seppure
indiretto, del grande rivolgimento popolare del 1848 che produsse in
Italia la Prima Guerra d’Indipendenza e fiammate rivoluzionarie in
Sicilia e in tutte le principali città italiane, a Milano, Brescia,
Venezia, Bologna, Firenze, Livorno, Roma, Ancona, Napoli, ognuna
delle quali, da sé sola, potrebbe costituire un vanto per qualsiasi
comunità europea e mondiale. Non ci sarebbe stata la Guerra del 1859
e tutto quello che ne seguì se non ci fosse stato il 1848 italiano.
E anche se fu una guerra voluta da Torino e Parigi, non ci sarebbe
stata, senza questa, Garibaldi e il moto di popolo che lo accompagnò
nella sua cavalcata leggendaria nel meridione d’Italia. In Europa
forse solo la guerra d’indipendenza greca fu più popolare della
nostra ma, dopo che il primo Presidente della neonata repubblica di
Grecia, Giovanni Capodistria (italiano di Corfù), fu assassinato nel
1831, le potenze europee riuscirono a imporre al Paese la monarchia
di una dinastia bavarese prima, danese poi.Certo, non sono mai stato
molto patriottico, ma la visione della penisola italiana,
soprattutto nelle immagini dallo spazio, non può lasciare
indifferente. È un profilo unico al mondo: si è mai visto un
territorio dalla forma così strana e allo stesso tempo così
intrigante? Parliamo di simboli: se il simbolo che contraddistingue
un continente come l’America, per unanime consenso, è la Statua
della Libertà, e quello che contrassegna l’Europa è la Tour Eiffel
(magari inglesi e tedeschi non sono molto d’accordo), non c’è alcun
dubbio che, se qualcuno volesse usare un simbolo planetario per
presentare la propria carta d’identità ad una specie aliena, il
profilo meridionale del continente europeo, con lo Stivale al centro
del Mediterraneo, sarebbe il più adatto. Del resto questo è già
apparso molte volte sulla stampa internazionale, con queste
prerogative. Basti citare l’esempio delle due copertine della più
grande rivista di astronomia mondiale, Sky & Telescope, del gennaio
e giugno 1993 (figg. 1 e 2). Nella prima era di scena un sorvolo
ravvicinatissimo della Swift-Tuttle dei cieli europei, previsto per
il prossimo ritorno della cometa, nel 2126 (i
calcoli successivi dimostrarono comunque che la cometa passerà molto
più lontano dal nostro pianeta), nel secondo si parlava dell’utilità
delle immagini da satellite per tutta una serie di studi sulle
risorse territoriali terrestri.
Fig.
1. La copertina di Sky & Telescope di gennaio 1993, con il
nucleo della cometa Swift-Tuttle che sembra precipitare sull'Europa!
(dipinto di Don Davis).
E,
vista dallo spazio, l’Italia presenta certo un’unità territoriale
quant’altre mai. Non c’è dubbio che il nostro Paese costituisce una
struttura geograficamente omogenea, con la catena alpina che
costituisce un confine naturale come ce ne sono pochi, a nord, e il
mare dagli altri lati. Non c’è forse nessun paese al mondo dove
l’unità politica coincide così bene con quella geografica. In molti
casi i confini sono fittizi e tracciati con la riga attraverso
pianure e deserti, in altri vi sono solo fiumi o catene montuose di
scarsa levatura a dividere gli enti territoriali. Certo, vi sono
molti altri profili peninsulari (ma, fateci caso, qualcuno che si
avvicina per bellezza e mistero all’Italia?), Iberia, Scandinavia,
Corea, California, Indocina, Malesia, Yucatan, Arabia, Kamcatka,
Capo York, ma ce n’è uno, uno solo in cui, come l’Italia, vi sia
contenuta una e una sola nazione?
Fig.
2. La copertina di giugno 1993 di Sky & Telescope (SPL/Photo
Researchers).
No,
non c’è, e certo non è un caso che in tutto questo territorio, a sud
delle Alpi, si parli la stessa lingua. Con buona pace di chi crede
che l’unità della penisola, a distanza di un secolo e mezzo, non sia
ancora compiuta. Che poi la gente che ci vive, in questo angolo
meraviglioso del pianeta, non sia all’altezza, oggi, di quella che
nel passato ha dato la mente, il cuore e, in molti casi anche la
vita, per farla, l’Italia, è un altro discorso e lo tratteremo,
magari, un’altra volta. |