I miti delle costellazioni
(in grassetto i nomi delle
varie costellazioni)
La più famosa
leggenda del cielo è quella di Andromeda (fig. 1), che
collega fra loro sei diverse costellazioni, la storia di una
principessa etiope, che però aveva la disgrazia di avere per madre
una regina (Cassiopea) che parlava troppo, vantandosi di
essere più bella delle Nereidi, le ninfe del mare. Ciò produsse la
collera di Poseidone, che mandò un orribile mostro marino,
(rappresentato dalla Balena) a devastare le coste d'Etiopia.
Il padre di Andromeda, re Cefeo, andò dall'oracolo di Ammone
per sapere che cosa doveva fare per allontanare dal paese la
calamità. Dopo avergli spiegato il motivo della collera del dio,
l'oracolo disse allo sconvolto sovrano che l'unico modo per far
finire le devastazioni era sacrificare la figlia al mostro.
Andromeda venne perciò incatenata ad uno scoglio, in attesa
dell'orrenda fine.
Fig. 1.
Tiziano Vecellio. Perseo e
Andromeda, 1562, Londra, Wallace Collection.
Così la trovò
Perseo, in volo da quelle parti con i sandali alati donatigli
dalle Ninfe Stigie, di ritorno dall'uccisione della Medusa (dal
sangue della testa recisa della Medusa nacque il cavallo alato
Pegaso, fig. 2).
Fig. 2.
Mercurio e Pegaso, part. da Andrea Mantegna, Parnaso,
1497, Parigi, Louvre.
L’eroe,
informatosi di quanto era successo e fattosi promettere in sposa la
figlia da Cefeo e Cassiopea se fosse riuscito a liberarli dal
mostro, abbatté l'orrenda creatura in una battaglia epica. A
malincuore, i re mantennero la promessa, mentre Andromeda, grata e
riconoscente, accettò con gioia l'unione con il campione che si era
già coperto di gloria in imprese precedenti. Tuttavia, Cassiopea si
rimangiò la promessa e, d'accordo con Fineo, zio e precedente
fidanzato di Andromeda, complottò contro Perseo. Ma questi, scoperto
l'inganno, sgominò i nemici mostrando loro la testa della Gorgone.
Dopo il matrimonio, Perseo portò Andromeda in Grecia, dove divenne
re di Tirinto non potendo tornare ad Argo, la sua patria, perché vi
aveva ucciso accidentalmente il re, suo nonno Acrisio. Qui vissero
felici e contenti, procreando ben 13 figli!
Fig. 3.
François Bucher. Giove e
Callisto, 1750 circa, Mosca, Museo Pushkin.
Un'altra
leggenda famosa è quella di Callisto, una ninfa della dea della
caccia Artemide (fig. 3). Zeus la vide e volle sedurla ma, poiché
essa fuggiva gli uomini (le ancelle di Artemide, come la dea stessa,
avevano fatto voto di castità), prese le sembianze di Artemide per
possederla. Callisto, nonostante l'inganno, resistette
coraggiosamente alla forza del dio ma non ci fu nulla da fare.
Callisto rimase incinta e il fatto fu scoperto quando Artemide e le
compagne si fermarono a lavarsi presso una fonte. Artemide, furiosa,
la scacciò e la moglie di Zeus, altrettanto adirata, infierì
sull'incolpevole ninfa mutandola in orsa, una trasformazione dai
toni raccapriccianti. Molti anni dopo, Arcade, il figlio nato dalla
violenza di Zeus, andando a caccia nei boschi, incontrò,
inconsapevole, la madre che, riconosciutolo e guardandolo
fissamente, cercò di avvicinarglisi. Arcade, spaventato, stava per
colpirla con una freccia mortale quando Zeus, infine impietosito per
la sorte della sua vittima, impedì il delitto e portò in cielo
entrambi trasformando Callisto nell'Orsa Maggiore e Arcade
nella costellazione di Artofilace (in greco «guardiano dell'orsa»),
ora nota come Bovaro. Il nome della stella più luminosa del
Bovaro, Arturo, ha più o meno lo stesso significato di
«guardiano dell'orsa».
L'Orsa Minore
rappresenta una ninfa di Creta, Cinosura, che allevò, assieme
alla ninfa Elice, Zeus bambino, quando il dio fu portato nell’isola
dalla madre Rea per sottrarlo all’orrido destino: infatti, poiché al
padre di Zeus, Crono, era stato predetto che sarebbe stato
detronizzato da uno dei suoi figli, questi li divorava man mano che
nascevano (fig. 4).
Fig. 4.
Francisco Goya. Crono
divora uno dei suoi figli, 1820-23, Madrid, Prado.
Il Dragone
rappresenta Ladone, il drago guardiano dei pomi delle Esperidi.
Questi pomi d'oro erano stati dati da Gaia ad Era come dono di nozze
e in seguito la dea li aveva fatti piantare nel suo giardino, vicino
al monte Atlante. Le Esperidi erano tre Ninfe della Sera, che
aiutavano Ladone nell'opera di sorveglianza. Dopo che il drago fu
ucciso da Ercole durante la sua dodicesima fatica, la sua immagine
venne posta in cielo da Era a premio della sua fedeltà.
Nella mitologia
greca Eracle (Ercole) è l'eroe di gran lunga più famoso.
Nacque da Zeus e da Alcmena, la più bella e saggia di tutte le
mortali, in una notte nella quale il dio prese le sembianze del
marito di lei, Anfitrione. Il piccolo venne chiamato Alcide (da
Alkè, forza) e già dalla culla diede prova della sua grande
forza, strangolando i due serpenti che Era, al solito gelosissima,
aveva mandato per ucciderlo.
Da adulto
raggiunse la bella statura di quattro cubiti e un piede (205 cm), fu
indotto alla pazzia dalla moglie di Zeus e si macchiò di una serie
di orrendi delitti per purificarsi dei quali andò dall'oracolo di
Delfo. La Pizia gli ingiunse di mettersi al servizio del cugino
Euristeo per undici anni e di chiamarsi da quel momento in avanti
Eracle («gloria di Era»). Euristeo impose ad Ercole dodici imprese
quali nessun uomo avrebbe mai saputo compiere. Molte di queste sono
ricordate in cielo.
La costellazione
del Leone rievoca la prima fatica, l'uccisione del leone di
Nemea, un animale terribile e dalla pelle invulnerabile, tanto che
per averne ragione Ercole dovette afferrarlo fra le braccia e
soffocarlo. Durante la battaglia nella quale Ercole uccise l'idra di
Lerna (seconda fatica, fig. 5), un mostro dal corpo di cane e nove
teste, che uccideva chiunque gli passava vicino con il suo alito
mefitico, Era inviò contro Ercole un granchio gigantesco,
simboleggiato dalla costellazione del Cancro, che, prima di
essere schiacciato inesorabilmente, riuscì a mordere l'eroe al
tallone.
Fig. 5.
Pollaiolo. Ercole e l’Idra,
1475 circa, Firenze, Uffizi.
Andando a caccia
del cinghiale Erimanzio, durante la terza fatica, Ercole ebbe a che
fare con i Centauri e, inavvertitamente, ferì con una freccia il più
celebre fra essi, Chirone, rappresentato in cielo sia dalla
costellazione del Centauro che da quella del Sagittario.
Chirone, saggio e sapiente, molto amico degli uomini, ha questa
forma perché il padre Crono, per generarlo, si era unito a Filira,
una figlia di Oceano, sotto forma d'un cavallo. Protettore del padre
di Achille, Peleo, fu il tutore dello stesso Achille, di Giasone, di
Asclepio e del dio Apollo, ai quali insegnò la musica, la caccia,
l'arte della guerra, la morale e la medicina. Poiché la ferita gli
produceva un dolore insopportabile, ed era inguaribile, Chirone
desiderò di morire per porre fine al tormento; ma era nato immortale
e riuscì a trovare pace soltanto quando Prometeo si offrì di
cedergli il suo diritto alla morte.
Alla settima
fatica è collegata la costellazione del Toro, che rappresenta
l’animale fatto uscire dal mare dagli dei per testimoniare il buon
diritto di Minosse di governare su Creta. Poiché, però, Minosse non
sacrificò, come aveva promesso, l'animale, Poseidone ispirò nella
moglie di Minosse, Pasifae, un insano amore per il toro. Dall'unione
nacque il celebre Minotauro. Il dio del mare, inoltre, rese furioso
il toro che Ercole ebbe l'incarico di riportare, vivo, a Euristeo.
Durante la già
ricordata dodicesima fatica, attraversando il Caucaso, sulla strada
che doveva portarlo al giardino delle Esperidi, Ercole uccise con
una Freccia l'avvoltoio che divorava il fegato di Prometeo.
Un altro famoso
eroe è rappresentato dalla costellazione di Orione, che
celebra le gesta del gigante della Beozia, figlio di Poseidone,
bello, abilissimo nella caccia e prodigiosamente forte. A un certo
punto della sua vita Orione incontrò Artemide, che non rimase
insensibile al fascino del giovane che, come lei, amava la caccia e
la vita nei boschi. Apollo, fratello di Artemide, sapendo che il
giovane aveva una brutta fama e temendo per la virtù della sorella,
riferì a Gaia delle dicerie sul suo conto, inducendola a liberare
contro l'eroe un gigantesco Scorpione. Nel titanico scontro,
Orione, dopo averle provate tutte ed essersi reso conto
dell'invulnerabilità dell'animale, si gettò in mare nel disperato
tentativo di sfuggirgli. Fu però visto da Apollo che, sottilmente,
fece credere alla sorella che si trattava di un furfante che aveva
cercato di violentare una delle sue ancelle. La invitò quindi a
punirlo, trafiggendolo con una freccia. La dea, adirata, non fallì
il colpo, ma quando la risacca portò a riva il corpo dell'amico,
Artemide, riconosciutolo, fu presa dalla disperazione. Piangendo e
supplicando, invocò l'intervento di Asclepio, perché ridonasse la
vita al giovane. Ma, mentre Asclepio si apprestava a tentare
l'intervento divino, Zeus si oppose, fulminandolo. Allora, Artemide
chiese, almeno, che l'immagine di Orione potesse essere ricordata,
per sempre, fra le stelle. Zeus accondiscese, ma Apollo, testardo
nella sua convinzione di aver agito bene, pretese la stessa sorte
per lo Scorpione: così, Zeus pose i due ai lati opposti del cielo,
in modo che l'animale non potesse più nuocere ad Orione.
Anche Asclepio è
ricordato in cielo, nella costellazione di Ofiuco, che regge
il Serpente, diviso in Capo e Coda. Ofiuco in greco significa
«serpentario» o «incantatore di serpenti» e probabilmente quest'attributo
è dovuto alla rappresentazione abituale di Asclepio, raffigurato con
dei serpenti avvolti attorno ad un bastone. Asclepio è figlio di
Apollo e imparò l'arte della medicina, come detto, dal centauro
Chirone. Divenne così bravo, come abbiamo visto, da essere in grado
di resuscitare i morti, utilizzando il sangue della Gorgone, che
aveva virtù miracolose, avuto in dono da Atena.
In cielo finì
anche la Lepre, una delle prede abituali di Orione. Si può
pensare che le costellazioni del Cane Maggiore e del Cane
Minore rappresentino i cani da caccia di Orione. Invece il Cane
Maggiore è Mera, appartenente all'eroe Icario, che introdusse la
vite nell'Attica e fu ucciso dai contadini ubriachi. La figlia
di Icario, Erigone, fu guidata da Mera sulla tomba del padre, dove
si suicidò; poi, anche il cane morì sulla tomba del padrone e
Dioniso, in segno della sua fedeltà, lo trasformò in costellazione.
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Il Cane Minore
era in origine semplicemente Procione (dal greco prokion, che
significa «che precede il cane», poiché sorge prima di Sirio, la
stella principale del Cane). In seguito nel Cane Maggiore si vide il
compagno di Orione, e Procione iniziò a essere definito in vari
modi, settentrionale, sinistro, primo, finché si affermò
l'appellativo di Minore.
Fra le figure
più importanti di eroi figurano senz'altro Castore e Polluce, i
Gemelli di Sparta, la cui nascita è connessa alla costellazione
del Cigno e a uno dei tanti attacchi di libidine senile di
Zeus. Il dio, questa volta, si innamorò di Leda, moglie di Tindaro,
eroe spartano. Leda, per sfuggire a Zeus, si trasformò in oca ma il
dio, mutatosi in cigno, la possedette ugualmente (fig. 6). In
seguito il marito di Leda, Tindaro, fece l'amore con lei poco dopo
l'amplesso con Zeus. Dalla prima unione nacquero Polluce ed Elena di
Troia, «la più bella donna del mondo» perché di stirpe divina, dalla
seconda Castore e Clitennestra, anche se il nome con cui sono
globalmente chiamati Castore e Polluce, Dioscuri, significa «figli
di Zeus». Dei due, Castore è soprattutto un forte guerriero, Polluce
un eccellente pugilatore. I due trovarono la morte durante una lite
con i cugini Ida e Linceo per la divisione del bottino procurato da
una razzia di bestiame. Castore fu ucciso da Ida e Polluce uccise
Linceo. Zeus allora uccise Ida con un fulmine e offerse a Polluce di
salire nell'Olimpo con lui. Ma Polluce non voleva separarsi dal
fratello, destinato agli Inferi, e Zeus, allora, concesse loro di
restare ciascuno metà del tempo negli inferi e metà nell’Olimpo.
Fig. 6.
Leonardo Da Vinci. Leda e
i suoi due figli Castore e Polluce (fine XV-inizio XVI sec.).
Roma, Galleria Borghese.
Forse la più
poetica storia dell'antichità classica, anche perché parla di
persone realmente esistite, è quella della Chioma di Berenice
(fig. 7). Berenice era una regina egiziana, sposa del Faraone
Tolomeo III Evergete, della dinastia dei Lagidi (284 ca.-221 a.C.).
Egli fu un grande sovrano e sotto di lui la monarchia ellenistica
egiziana conobbe un grande splendore e, di nuovo, dopo i tempi
dell'Antico Impero, la divinizzazione del sovrano raggiunse l'apice.
Nel 246 a.C., poco dopo le nozze, Tolomeo dovette partire per una
campagna bellica, molto pericolosa, contro Seleuco II di Siria.
Berenice, molto timorosa delle sorti del marito, fece voto, se fosse
tornato sano e salvo, di sacrificare agli dei gli splendidi capelli.
Fig. 7.
Bernardo Strozzi.
Berenice,
Bergamo, Galleria dell’Accademia Tadini.
Così avvenne, la
chioma fu recisa e fatta appendere nel tempio di Afrodite. Un bel
giorno però essa scomparve, nella più grande costernazione della
corte. Tutti i sapienti convocati per cercare di svelare il mistero
sulla misteriosa sparizione furono incapaci di indicare la minima
traccia. Un famoso astronomo del tempo, Conone, ebbe però l'idea
giusta: prendendo un gruppo di stelle amorfe (come si
chiamavano quelle che nei cataloghi non erano raggruppate in
costellazioni) appena dietro il Leone, costituì una nuova
costellazione, spiegando ai presenti che i riccioli della regina
erano lassù, in cielo, portati dagli dei che, non avendo mai visto
nulla di più bello, li volevano sempre vicini a loro.
La Corona
Boreale rappresenta un dono divino. Arianna, cretese, figlia di
Minosse e Pasifae, si innamorò di Teseo, quando questi andò a Creta
per uccidere il Minotauro. Gli diede il famoso gomitolo per trovare
la strada del ritorno nel Labirinto. Poi, i due scapparono insieme
per sfuggire alla collera di Minosse, ma Teseo abbandonò Arianna
sull’isola di Lesbo, mentre dormiva. Però l'eroina fu presto
consolata poiché sull'isola arrivò il dio Dioniso, che se ne
innamorò, la sposò e la condusse sull'Olimpo. Come regalo di nozze
Dioniso dette ad Arianna uno splendido diadema d'oro, opera di
Efesto, che divenne in seguito una costellazione (fig. 8).
Fig.
8. Tintoretto.
Arianna, Venere e Bacco,
1576, Sala dell' Anticollegio, Palazzo Ducale, Venezia.
Un'altra storia
che merita di essere raccontata è quella del musico di Lesbo, Arione.
Durante un viaggio dalla Sicilia a Corinto, i marinai della nave che
lo trasportava complottarono per ucciderlo e rubargli il denaro che
aveva guadagnato col canto. Apollo gli apparve in sogno svelandogli
il complotto e promettendogli il suo aiuto. Al momento
dell'aggressione, Arione chiese ai nemici di concedergli la grazia
di cantare per l'ultima volta. Alla sua voce, dei delfini uscirono
dal mare e Arione, fidando nell'aiuto del dio, si buttò in acqua. Un
delfino lo portò sul dorso fino a riva. Apollo, in ricordo
dell'episodio, trasformò in costellazione il Delfino.
Restando a
questo tema, in cielo è ricordata la Nave Argo che partì, sotto la
guida di Giasone, alla ricerca del mitico vello d'oro, nella
Colchide. Argo significa «rapido» ma era anche il nome del
costruttore della nave. Essa venne in seguito smembrata da Lacaille,
nel 1752, in quattro parti: la Carena, le Vele, la
Poppa e la Bussola. Soltanto le ultime due sono visibili,
parzialmente e molto basse, nei nostri cieli di fine inverno.
Il vello d'oro è
collegato alla storia di Frisso ed Elle, che il padre, Atamante,
volle sacrificare a Zeus, su suggerimento della seconda moglie, Ino.
Ma Zeus mandò in soccorso ai bambini un Ariete alato dal
vello d'oro che li sottrasse all'orribile fine. Durante il viaggio,
Elle cadde e annegò nel mare, ma Frisso giunse salvo nella Colchide.
Qui, in segno di gratitudine, sacrificò l'ariete a Zeus e ne offrì
il vello al re Eete che l'aveva benevolmente accolto. Il vello fu
inchiodato ad una quercia in un bosco sacro al dio Ares. Fu poi
preso da Giasone, il capo degli Argonauti, al termine di mille
mirabolanti avventure, e portato da questi a suo zio Pelia, sovrano
di Iolco, in Tessaglia, che lo aveva richiesto come pegno del
diritto di Giasone a rivendicare il trono che era stato di suo
padre, Esone.
La Vergine
rappresenta Astrea, o Dike,
la Giustizia, figlia di Zeus e di Temi, che diffondeva fra gli
uomini la bontà e la giustizia al tempo dell'Età dell'oro. Ma,
finita la mitica età ed essendosi la malvagità impadronita del
mondo, Dike prese a odiare il genere umano e fuggì in cielo.
Un'altra storia
interessante collega le costellazioni del Corvo con quelle
della Coppa e dell'Idra. Un giorno Apollo spedì un
bianco corvo a prendere dell'acqua con una coppa, ma esso si attardò
vicino a un albero di fichi, attendendo che maturassero; poi,
tornando dal dio, disse che un serpente d'acqua, che aveva peraltro
catturato e trasportava fra le zampe, era stato la causa del
ritardo. Apollo, adirato, punì l'animale rendendolo nero ma, in
seguito, ne pose l'immagine fra le stelle, assieme a quella della
coppa e al serpente, rappresentato dall'Idra.
Eridano
è il nome di un fiume divino, figlio di Oceano e di Teti,
generalmente collocato nell'Europa nordoccidentale. Variamente
identificato con l'Ebro, con il Reno, con il Rodano o con il Po,
quest'ultima ipotesi sembra la più probabile, com'è dimostrato anche
dal racconto degli Argonauti che, entrandovi dall'Adriatico, lo
risalgono fino al paese dei Celti.
La Lira
rappresenta il magico strumento inventato da Ermes e da lui donato
ad Apollo, il quale a sua volta lo regalò a Orfeo, il musico degli
Argonauti.
L'Aquila
rappresenta l'uccello del quale Zeus prese le sembianze per rapire
Ganimede, il bellissimo giovanetto del quale il dio si era
innamorato e che fu portato nell'Olimpo diventando il coppiere degli
dei (fig. 9).
Fig. 9.
Correggio. Il ratto di
Ganimede, 1531. Vienna, Kunsthistorisches Museum.
L'Acquario
ha sempre rappresentato, fin dai tempi dei Babilonesi, un uomo che
getta acqua da un otre verso la bocca del sottostante Pesce
Australe (la cui stella più luminosa, Fomalhaut, significa
proprio, dall'arabo Fum al Hut, «la bocca del pesce»).
Secondo l'astronomo tedesco Ideler questa rappresentazione era
collegata al fatto che il Sole si trovava in quel segno durante la
stagione piovosa e a riprova citava la vicinanza ad altre
costellazioni aventi connessioni con l'acqua: Capricorno, Balena,
Delfino, Eridano, Idra, Pesci, Pesce Australe.
L'Auriga
rievoca l'eroe Trochilo, di Argo, figlio di Io, la sacerdotessa di
Era amata da Zeus. É ritenuto l'inventore del carro, particolarmente
di quello sacro all'Era di Argo.
Il Capricorno
rievoca Amaltea, la capra che allattò Zeus quando il dio, come già
ricordato, per sfuggire al padre Crono che voleva divorarlo, venne
portato da Gaia nella grotta Dittea, a Creta.
Il Cavallino
probabilmente è Celere, fratello di Pegaso, donato da Mercurio a
Castore.
Il Triangolo
era conosciuto dai Greci come Deltoton, a causa della sua
forma simile alla lettera Delta, e perciò assimilato al Delta del
Nilo, o come Trigonon, e identificato con la Sicilia, per la
sua forma triangolare.
I Pesci
rappresentano Afrodite ed Eros, che si trasformarono in pesci
buttandosi nell'Eufrate per sfuggire alla furia del gigante Tifone.
Lo Scudo
di Sobieski ricorda Giovanni III Sobieski, re di Polonia, che nel
1683, alla testa del suo esercito salvò Vienna assediata e l'intera
Europa dalla capitolazione di fronte alla minaccia ottomana.
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